I miti di Platone
La tradizionale lettura dei miti platonici secondo la sequenza temporale dal mito al logos [1], è solo uno dei punti di partenza per spiegare la funzionalità del mito. Non c’è nulla di profetico nei miti platonici perché sono perfettamente integrati nel gioco della dialettica dialogica.
Il valore e il significato del mito si comprendono infatti dal punto di vista funzionale, considerando in ogni circostanza quanto sta alle spalle del racconto e la finalità che si prefigge il narratore.
Importante è l’individuazione di criterî interpretativi per ciascuna forma dialogica di ciascun mito, a partire dai quali si adopera il contesto del racconto per scoprire il progetto platonico, la cui funzione, ora etica, ora politica, ora pedagogica, è in ogni caso comprensibile a tutti.
Al di là della discussione sul passaggio dal mito al logos, bisogna anche soffermarsi su ciascun elemento indicatore per poter leggere analiticamente un mito e poterlo rapportare, in un secondo momento, alla conclusione filosofica vera e propria.
È così che si scopre quale e come siano collocate la verità e la vera falsità nel celebre mito della caverna o nel mito dei metalli, o ancora l’esemplificazione della mitologia positiva nel mito dei cicli cosmici contenuto nel Politico.
Per definire un mito platonico bisognerebbe usare degli 'indicatori' che aiutino a delineare i contorni, a capirlo sino in fondo: non è importante stabilire a priori che cosa è un mito quanto piuttosto valutare a che cosa serve, a chi si rivolge e quali messaggi intende veicolare.
La necessità di privilegiare l’ottica funzionale del mito è uno dei punti chiave dell’interpretazione platonica. [2] Letto correttamente il discorso mitologico consente di comprendere il tema dell’immortalità dell’anima (nel mito con cui si conclude il Fedone), così come il tema del valore etico–politico per la costituzione dell’ordine civile.
Se la narrazione mitica ha una funzione ri-orientante e aggregante, in quest’ottica vi è un unico punto di partenza sia sul piano etico–politico, sia sul piano più strettamente epistemico: la verità, anche se in quest’ultimo caso la verità presa in considerazione non è assoluta, ma simile a quella autentica, cioè verisimile. [3]
La funzione pedagogica del mito è riscontrata soprattutto sul versante del discorso politico: per Platone i racconti non solo sono destinati a circolare all’interno della città come patrimonio comune della cittadinanza, ma la stessa mitologia deve costituire elemento di coesione sociale e contribuire al processo di identificazione dei cittadini con la polis.
È a questo punto che entra in gioco la capacità di leggere gli aspetti veri e non veri del mito platonico [4]. La verità del mito non sempre coincide con la corrispondenza di uno stato di cose [5].
Il caso più emblematico e interessante è certamente quello di un discorso falso che si serve di una verità nascosta per orientare verso ciò che è 'politicamente' o eticamente giusto, come nel celebre mito della caverna o quello della nobile menzogna nel VII e nel III libro della Repubblica.
Il genio interpretativo sta nello scoprire qual è realmente la verità del mito.
Attraverso il mito dei metalli si ottiene un esempio esaustivo del concetto di legittimazione dell’uso dell’inganno nella politica governativa. È il racconto più emblematico e idoneo a spiegare come un discorso falso possa avere funzione aggregante rispetto al sistema di valori cui la città ideale deve dotarsi.
Non a caso il mito cui fa riferimento l’autore narra della comune origine di tutti i cittadini della terra e dei differenti metalli di cui sono composti [6].
È questa paradossalmente la funzione finalizzata al bene civile, per cui la menzogna di stato viene considerata come un rimedio (pharmakon) ossia una medicina di cui i governanti si servono nell’interesse del corpo sociale.
Il racconto mitologico dà una chiave interpretativa perfettamente resa dal quadro patologico in cui si trova la società da sanare con il pharmakon, appunto, la menzogna discorsiva, il mito di un passato ricordato sotto forma di una menzogna di stato.
Un altro tema utile ai fini analitici è quello della mitologia teologica. Può esistere un punto di incontro tra la religione filosofica e quella della polis, nel momento in cui gli stessi fondatori della città ideale non possono esimersi dal fare riferimento a modelli divini (typoi peri theologias).
Questo concetto è comprensibile di nuovo nell’ottica funzionale alla base dei miti platonici, che non si deve perdere mai di vista. La dimostrazione dell’esistenza degli dei, nel libro X delle Leggi, si associa al principio in base al quale il dio agisce direttamente per il tutto e indirettamente per il singolo, in quanto il bene di quest’ultimo è collegato a quello del tutto. [7]
Platone cerca di sintetizzare nelle Leggi la religione filosofica con quella civica attraverso il progetto etico–politico di una comunità umana orientata alla virtù. Platone passa così dal logos filosofico al mythos relativo alla provvidenzialità della divinità, alla normativa contro gli atei.
È interessante la sequenza logos – mythos – nomos, perché chiarisce una via comunicativa adoperata da Platone in direzioni diverse, filosofica, politica e normativa.
La circolazione di questo discorso rende la filosofia fruibile alla comunità, per realizzarne scopi civili. È così che la religione filosofica viene trasformata in una dimensione politica.
Il mito, dunque, non è mai statico: il racconto si dirama in diverse direzioni, ha solide fondamenta e un percorso e una finalità ben precisa. Ha un passato storico e ontologico, esiste uno spazio in cui esso circola e si diffonde per una propria funzionalità. Questo spazio è teorico, ma si percepisce una dimensione in cui i fatti del racconto vivono ed evocano oggetti ben precisi, per motivazioni già premeditate.
[Adattato da un saggio di Daniela Cardone, 27/10/2006]
NOTE
[1] A proposito del concetto di sequenza temporale dal mito al logos, è interessante anche il mito del Timeo sull’origine del cosmo, una lettura cronologica del mito stesso. Partendo dall’idea di verisimiglianza tra mythos e logos nel Timeo, il mito diventa un racconto articolato nel tempo se l’essere (on), lo spazio (chôra) e il divenire sono entità ontologicamente precedenti l’universo.
Il mito consente in questo caso una scansione temporale. Si intuisce come il racconto possa frazionare il tempo, declinare cioè, nel tempo stesso la realtà secondo la cadenza del prima e del poi. È come se si azzerassero le distanze tra mythos e logos, fino al punto in cui essi si incontrano eliminando le differenze tra dimostrazione e racconto.
[2] Per la lettura funzionale del mito sirimanda ai testi di K. Morgan, Myth and Philosophy e A. Schmitt, Mythos und Vernunf bei Platon.
[3] Si prenda come esempio il mito dell’origine del cosmo nel Timeo. Il significato epistemico della verità in questo mito è efficacemente esplicato con il concetto di verisimiglianza: ogni trattazione del cosmo (il cosmo sensibile è un copia e un’immagine del vivente intelligibile), il quale è dunque una copia e non un modello, non può pretendere di risultare certa... ossia "vera", ma deve accontentarsi di risultare, nel migliore dei casi, simile a quella vera, cioè appunto "verisimile".
[4] Per tornare al discorso della sequenza temporale, sulla lettura della verità del mito ci si può collegare al noto scritto di Martin Heidegger, L’essenza della verità, Biblioteca filosofica, per Adelphi ed., 1988, p. 46 e sgg. Nel caso del mito della caverna lo scopo della suddivisione temporale è proprio quello di cogliere la verità nascosta, un passaggio in stadî attraverso cui si 'svela' la verità.
[5] Non è detto però che la verità corrisponda a uno stato di ordine. È dal parallelismo con la necessità dell’ordine nella sfera civile che scaturisce la connessione tra la 'falsa' verità e l’utile civile.
[6] Lo scopo del racconto è rafforzare la coesione sociale (tramite l’immagine della comune origine dalla terra) e rendere accetta la gerarchia.
[7] Il dato politicamente rilevante della menzogna, per meglio definire il significato di menzogna di stato, è che essa proviene ed è gestita dall’alto, ossia dai governanti: si tratta di una falsità governata dell’intelligenza.
La configurazione della patologia dell’oggetto politico e civile serve a identificare metaforicamente il male da sanare. Su questo concetto e sul tema della 'profilassi politica' anche nel pensiero politico moderno, può essere utile il libro di Roberto Esposito Immunitas. Protezione e negazione della vita. Einaudi, 2002, in part. p. 145 e sgg.
Etichette: cosmo, filosofia, mitologia, Platone, universo, vita