L'UNIVERSO, IL CAOS, IL NULLA, E ALTRE STORIE
lo generò senza gambe né piedi.
Platone, Timeo, VII
...considerazioni e possibilità...
In natura, evoluzione e diversità sono inscindibili. L'evoluzione crea diversità, e la diversità accelera l'evoluzione. L'evoluzione delle specie viventi è resa possibile dal fatto che il patrimonio genetico di ogni specie è vasto e continuamente rinnovato da mutazioni casuali. Se un’ innovazione non funziona, il gene portatore viene eliminato per selezione naturale e si ritenta con un'altra innovazione genetica. Se le condizioni climatiche o ambientali cambiano, la presenza simultanea di innumerevoli specie diverse fa sì che con altissima probabilità almeno qualcuna sopravviva, o addirittura venga avvantaggiata dalla sparizione di specie concorrenti. La monocoltura è aborrita dalla natura come la più grande minaccia per la sua sopravvivenza.
L'universo astrofisico non fa eccezione. Il numero di specie astrofisiche differenti è enorme; il numero di fenomeni fisici diversi in atto nell'universo è altrettanto grande. Lo zoo cosmico comprende granelli di polvere di millesimi di millimetro di diametro; asteroidi grandi alcuni metri o chilometri; montagne e iceberg vaganti nello spazio; pianeti delle dimensioni della Terra, o mille volte più grandi come Giove; stelle di tutte le taglie, di tutte le età, di tutte le composizioni chimiche; stelle che esplodono, che pulsano, che variano casualmente, che ruotano follemente, che sparano impulsi luminosi di tutte le bande, che collassano, che si spengono silenziose; nubi di gas sottili, spessi, caldi, freddi, tiepidi, neutri, ionizzati, ricchi di elementi pesanti o di puro idrogeno; sciami di stelle che contengono da poche decine a milioni di miliardi di membri; galassie giovani, vecchie, trasparenti o polverose, galassie isolate e galassie in collisione; galassie con possenti getti di gas, con gorghi di materia incandescente in rotazione, con maestosi buchi neri nel loro nucleo; galassie a spirale, a disco, a barre, a ellissoidi, a rotella, che ruotano o che cadono verso altre galassie; ammassi di galassie di tutte le dimensioni e geometrie; forme di materia invisibile ma che dirigono i grandi flussi delle galassie visibili; segnali luminosi senza sorgente visibile, e corpi che non emettono alcuna luce. E tutti questi abitanti dello spazio evolvono, mutano, si fondono e si scindono, si attraversano e si dissolvono, si scambiano materia e radiazione, si attirano e si annichilano, si trasformano incessantemente gli uni negli altri.
Naturalmente, le stelle non si riproducono, e non trasmettono caratteri ereditari. Ciononostante, esiste un sistema ecologico cosmico: come gli esseri viventi sfruttano le risorse dell'ambiente per assemblare nuove cellule, cioè per dare una struttura organizzata alla materia organica, così gli oggetti astrofisici sfruttano le fonti energetiche della natura per dare una organizzazione alla materia inorganica. La storia dell'universo, proprio come la storia delle specie viventi, è una battaglia continua per organizzare il kaos in kosmos: per ordinare i quark in protoni e neutroni, questi in nuclei atomici, i nuclei in atomi, gli atomi in molecole, le molecole in nubi di gas, le nubi in stelle e pianeti, le stelle in galassie, le galassie in ammassi, e gli ammassi in nuovi livelli gerarchici. La possibilità di creare ordine nasce dalla diversità delle forme possibili, proprio come avviene nella natura terrestre.
La connessione specie viventi-universo astrofisico non è solo un'analogia. La stessa energia che permette la vita, quella del Sole, esiste solo grazie a una miracolosa serie di improbabili architetture. Per fare una stella i quark si devono legare stabilmente in protoni e neutroni. Poi occorre che i protoni si leghino con gli elettroni a formare gli atomi di idrogeno e che questi si addensino in nubi grazie alla forza di gravità. Poi che la temperatura che si raggiunge nel collasso gravitazionale sia sufficiente a innescare le reazioni di fusione nucleare e che ci sia abbastanza massa da sostenerle per abbastanza tempo. Poi che le stelle riemettano nella galassia la materia, arricchita di elementi pesanti come ossigeno, carbonio e ferro in modo che si formino nuove stelle e soprattutto pianeti di solida roccia alla distanza giusta dai loro Soli per permettere reazioni chimiche complesse. C'è bisogno della gravità, delle forze nucleari, di quelle elettromagnetiche, di tutta la struttura della materia come noi la conosciamo. C'è bisogno di complessità, e soprattutto del tempo necessario a organizzarla. C'è bisogno di un universo grande, perché contenga tutta la botanica del possibile; di un universo vecchio (secondo i nostri parametri), perché abbia il tempo di organizzare il caos; di un universo freddo, perché renda stabili i legami nucleari, atomici e chimici.
Prima di divenire grande, vecchio e freddo, il nostro universo è passato attraverso fasi in cui era piccolo, giovane e incandescente...
OMEGA ZERO
La storia della fisica e della cosmologia è incisa in quei moderni geroglifici che chiamiamo equazioni. I principi della meccanica e della gravitazione di Newton, l'elettrodinamica di Maxwell, la Relatività Generale di Einstein, sono espressi nella forma più completa, più profonda, più bella, nelle equazioni matematiche. La bellezza, come in certe massime latine, sta nell'economia di parole: in pochi segni, sono compendiati una moltitudine di fenomeni, di esperienze, di intuizioni, sono riassunte e organizzate le conoscenze frammentarie dei secoli precedenti e poste le basi per quelle future. Per le grandi equazioni della fisica vale il detto di Mies van der Rohe per l'architettura: “il meno è il più”, ovvero, il fascino è nella concisione del linguaggio. Così anche Einstein, che nella semplicità vedeva il mistero dell’universo: “rendi le cose semplici, ma non più semplici di quanto esse siano”.
In questa sezione vedremo una delle più importanti equazioni di tutti i tempi. E' richiesta quindi un po' di pazienza e attenzione per la notazione matematica.
Se distribuiamo la materia in modo assolutamente uniforme, e trascuriamo per ora la pressione, potremo descrivere l'intera distribuzione dicendo che ovunque si ha una certa densità media. La densità viene in genere confrontata con un certo valore critico, ed espressa con il simbolo Ω (omega). La densità critica, come vedremo, è la densità che dovrebbe avere l'universo per essere piatto, cioè per avere curvatura nulla. Se Ω è maggiore dell’unità, si intende che la densità è superiore al valore critico, cioè che l’universo contiene più materia di uno piatto, e il contrario vale nel caso che Ω sia minore di uno. Un universo completamente vuoto, per fare un esempio poco piacevole, possiede Ω pari a zero. Se aggiungiamo un piccolo zero, Ω0, intendiamo dire che questa quantità va misurata all'istante presente, non perché l'istante presente abbia alcunché di commendevole, ma perché è pratico parlare di quantità misurabili ora, senza doverci chiedere quanto valevano mille o un miliardo di anni fa.
Come ha dimostrato Friedmann, in queste condizioni, lo spazio è descritto a ogni istante da un unico numero, la curvatura (più esattamente, la curvatura scalare), che indichiamo con la lettera C. Nel caso di una sfera di un certo raggio, la curvatura è data semplicemente dall'inverso del raggio al quadrato, C = 1/raggio2: maggiore il raggio, minore è la curvatura, perché a mano a mano che una sfera si ingrandisce sembrerà a ogni osservatore sulla superficie sempre più simile a un piano, come la Terra in effetti ci appare. Per uno spazio iperbolico la curvatura è negativa, e abbiamo semplicemente C = -1/raggio2 . Se lo spazio è piatto, C = 0 . Poiché lo spazio sferico ha volume finito, a volte si dice che è chiuso, mentre lo spazio iperbolico, essendo infinito, si dice aperto. (A essere precisi, anche gli spazi iperbolici e piatti possono essere chiusi, se si ammette una struttura simile a quella di una ciambella; queste topologie inusuali sono però in contrasto con le osservazioni.)
Questo universo non è statico, quindi ci dobbiamo aspettare che sia la densità che la curvatura, e quindi il raggio, varino nel tempo. In realtà, i cosmologi, invece di parlare di raggio dell'universo, espressione che ha senso solo per lo spazio chiuso e sferico, preferiscono dire fattore di scala. Se il fattore di scala raddoppia in un certo intervallo di tempo, gli oggetti che prima erano a una data distanza saranno a distanza doppia. Quindi il fattore di scala agisce in pratica come un fattore che moltiplica le distanze, da cui il nome. Le equazioni di Friedmann legano il fattore di scala (o equivalentemente la curvatura C) alla densità di materia Ω.
Fatte queste semplici manipolazioni, otteniamo che le dieci terribili equazioni differenziali alle derivate parziali di Einstein, si riducono a qualcosa di sbalorditivamente semplice, che merita senz'altro l'onore di seconda e ultima equazione di questa disquisizione, l'equazione di Friedmann: Ω0-1=C.
Da una parte la densità dell'universo, dall'altra la sua curvatura. La relazione tra massa e geometria, frutto del genio di Einstein, è meravigliosamente sintetizzata in questa equazione. Ci vorrebbero lettere d'oro in rilievo per scriverla. Sarebbe bello che un giorno a questa equazione fosse dedicata una grande piazza a Berlino o San Pietroburgo, vicino a Corso E=mc2 , in fondo a Viale v=H0r .
L'equazione di Friedmann può essere ancora semplificata. A sinistra abbiamo la densità di massa, ivi inclusa l'energia. Potremmo perciò dire semplicemente che
Insomma, la curvatura dello spazio dipende solo dalla densità di massa-energia: se la densità è maggiore di quella critica, Ω0 è maggiore di 1, e C deve perciò essere positiva (spazio sferico). Se la densità è minore della densità critica, C è negativa (spazio iperbolico). Se la densità è esattamente quella critica, lo spazio non ha curvatura, ed è piatto come Euclide comanda. Questa relazione vale a ogni istante: se sappiamo come varia la densità nel tempo, sappiamo anche come varia la curvatura. Per esempio, poiché l'universo si espande, esso era più denso nel passato, e quindi la sua densità era maggiore. Sappiamo anche esattamente di quanto: infatti, per conservare l'energia totale dell'universo, se il volume dello spazio si espande di un fattore dieci, dobbiamo diminuire la densità di altrettanto per avere sempre la stessa massa (la cosa si complica un po' se entra in gioco la pressione, ma l'idea è sempre la stessa). In poche parole, l'equazione di Friedmann descrive tutto lo spazio, tutta la materia, a tutti i tempi. Forse una piazza è poco, dovremmo dedicargli un paio di galassie.
Ω0 (curiosamente, questa costante non ha un nome proprio) e H0, la costante di Hubble, sono i Dioscuri della cosmologia. Quando si parla di uno, vien sempre dietro l'altro. Esse sono le sole costanti necessarie per descrivere il cosmo. La costante di Hubble dice a che velocità si espande l'universo, cioè descrive la cinematica; Ω0 dice quale è la densità dell'universo, ovvero il suo campo gravitazionale, cioè descrive la dinamica. Insieme, determinano la geometria dello spazio-tempo.
Consideriamo ora meglio l'evoluzione nel tempo. Se l'universo continua a espandersi, la densità diminuirà senza fine nel futuro. Ma se a un certo punto l'espansione si arresta, l'universo potrebbe invertire il suo moto e ricollassare in un big bang al contrario. In teoria, potrebbero realizzarsi anche altre sequenze molto più complicate, come rimbalzi e fasi rallentate o accelerate. Ma se consideriamo la situazione più semplice, in cui la densità e la pressione della materia agiscono come nella materia ordinaria che studiamo nei laboratori, solo due casi possono realizzarsi: o l'universo si espande sempre, oppure raggiunge un massimo, e poi ricollassa. O si realizza il mito dell'eterno ritorno, o quello dell'eterna decadenza. Possiamo sempre dire che almeno qualcuno, tra gli antichi, ci aveva azzeccato.
Di nuovo, Ω0 è l'arbitro. Come vediamo dalla tabella riassuntiva, se Ω0 è maggiore di uno, lo spazio è sferico, chiuso, e l'universo prima o poi ricollassa. Se è minore di uno, l'universo è aperto, iperbolico, e si espande per sempre. Se è proprio uno, l'universo è aperto e piatto, ma vive uno pericolosa esistenza: una piccolissima deviazione, un granello di sabbia in più, e ricollassa; uno in meno, e non si ferma più. Tutto ricorda da vicino la semplice nube di gas newtoniana: lì avevamo visto che la nube ricollassa se la massa supera la massa di Jeans. Qui vediamo che l'universo ricollassa se la densità supera la densità critica. Possiamo dire che una densità superiore a quella critica crea abbastanza campo gravitazionale da far ricollassare l'intero universo. Se la densità è invece inferiore, l'universo è un po' rallentato, ma non abbastanza da arrestarsi. In altre parole, il numero Ω0 è il rapporto tra l'energia gravitazionale, che tende al collasso, e l'energia cinetica, che tende all'espansione. La supremazia dell'una o dell'altra energia segna il destino ultimo del cosmo.
Il problema di Newton e Bentley, cosa fa una nube di gas infinito, è risolto, 230 anni dopo. Una nube di gas infinito piega lo spazio in cui è immersa: lo fa diventare sferico, se la densità è grande; iperbolico, se è piccola. Non solo: se la nube inizialmente è in espansione, prima o poi la nube collassa se ha una densità abbastanza alta; altrimenti non si arresta mai e continua a rarefarsi ed espandersi per sempre. La faccenda non è molto diversa da ciò che capita a un sasso lanciato per aria, che ricade solo se la Terra ha abbastanza gravità da rallentare il moto del sasso fino a fermarlo e farlo ripiombare giù. Altrimenti, il sasso uscirà dal campo gravitazionale terrestre per non farvi mai più ritorno.
Valore di Ω0 ------- Geometria spazio ------- Destino dell’universo
minore di 1 --------- iperbolico e infinito -------- espansione eterna
uguale ad 1 --------- piatto e infinito ------------ espansione eterna
maggiore di 1 -------- sferico e finito ---------------- collasso
Arriviamo alla domanda cruciale, cui ci siamo lentamente preparati fin qui. Quanto vale Ω0 ? Riflettiamo un momento a quante domande rispondiamo, se rispondiamo a questa. L'universo è finito ( Ω0 >1) o infinito (Ω0 <1)? E' iperbolico (Ω0 <1) o sferico (Ω0 >1)? Ricollasserà nel futuro (Ω0 >1), o si espanderà per sempre (Ω0 <1)? Questa sì che è una domanda cosmica. Ω0 è veramente la chiave di volta della cosmologia, il numero che apre le porte della conoscenza. E' bene quindi procedere con cautela.
Cominciamo con il dire che la densità critica vale circa 10-29 grammi/cm3, pari a circa un granello di sabbia in un volume delle dimensioni della Terra. Fin qui è facile, poiché risulta dalle equazioni di Einstein che per calcolare la densità critica basta conoscere H0 e la costante di Newton G. Stimiamo ora la densità della materia nell'universo. Ad occhio e croce, non dovrebbe essere troppo difficile. Conosciamo la massa media delle stelle (circa quella del Sole, 1033 grammi); contiamo quante stelle ci sono in ogni galassia (circa cento miliardi), quante galassie in un cubo di, diciamo, cento milioni di anni-luce di lato (ce ne sono circa un migliaio), e otteniamo la densità di materia. Anche arrivare fin qui è facile: Ω0 risulta pari circa all'1 per cento della densità critica, cioè Ω0 = 0,01. Un momento: abbiamo dimenticato che oltre alle stelle ci sono i gas diffusi, che vediamo solo nelle bande radio, o infrarosso. Con un po' di fatica possiamo includere anche questi, e otteniamo un altro paio di punti percentuale circa. Ah, dimenticavamo, ci sono poi dei gas molto tenui, che riempiono non le galassie ma gli ammassi di galassie, e che si vedono solo nei raggi X perché sono molto caldi. Sono tenui, ma molto estesi, e ci danno un altro 5 per cento circa. Dovremmo poi aggiungere la massa dei pianeti, che non vediamo né con il telescopio, né con le antenne radio. Ma possiamo ragionevolmente assumere che si tratti di poca roba, come nel sistema solare. Però l'idea dei pianeti ci fa improvvisamente venire in mente che forse ci sono stelle molto deboli, che non distinguiamo neanche coi grandi telescopi. In effetti, già nei pressi del Sole alcune stelline poco appariscenti le troviamo. E forse c'è anche del gas che non emette molta radiazione, perché troppo freddo. La cosa si complica. E poi forse dovremmo includere certe galassie anemiche, che non vediamo bene perché sono diffuse anziché compatte. E magari ci sono gas di particelle come i neutrini, che non emettono alcuna forma di luce, perché elettricamente neutri. Di certo, il Sole emette una gran quantità di neutrini, quindi almeno un po' in giro per l'universo devono essercene. E, chissà, forse galleggiamo in un mare di piccoli buchi neri vaganti, massicci ma invisibili.
Sembrava facile, ma appena ci pensiamo è la cosa più difficile che si possa immaginare. La densità di materia deve essere la densità di tutta la materia, non solo quella luminosa, perché ogni forma di materia contribuisce al campo gravitazionale. Siamo nei guai. In cosmologia ci siamo abituati a pensare l'impensabile. Ora, per rispondere alla madre di tutte le domande cosmologiche, quanto vale Ω0, dobbiamo imparare a vedere l'invisibile e pesare l'irraggiungibile. Con la cosmologia, l'astronomia cambia volto: invece di cercare quello che brilla, come nei precedenti quattromila anni, dobbiamo ora cercare quello che si nasconde!
IL CAOS, IL NULLA, E ALTRE STORIE
L'inflazione ha trovato le radici del mondo presente in eventi occorsi miliardesimi di secondi dopo la nascita dell'universo. La grandezza, la temperatura, l'età, la forma del cosmo dipendono dalla fisica dell'inflatone immediatamente dopo l'istante iniziale. Ma cosa c'era prima?
Questa domanda non è nuova. Compito primario della scienza è porre domande, ma questa non è la cosmologia moderna che ce l'ha suggerita: è una domanda antica quanto gli esseri umani, e che ha ricevuto più risposte di quante stelle brillino in cielo.
Secondo alcuni miti del tardo Egitto, in principio c'era un fiore di Loto. Secondo il Vangelo di Giovanni, la voce di Dio. Secondo Zarathustra, Luce senza fine, oppure Tempo senza limiti. Per il Rig-Veda, un Embrione d'Oro. Per gli Hawaiiani, nient'altro che la Notte. Per Esiodo e Ovidio il Caos, ''eternamente mutevole, eternamente in guerra''. Per le tribù delle Isole Marshall, il suono del Dio supremo, un lungo 'Mmmmmmmm'. Per i Tahitiani, la conchiglia del dio Ta'aroa. Per gli Yaruro del Venezuela, esistevano solo Puana il Serpente e Itciai il Giaguaro. Per gli indiani Hopi, solo un vuoto senza fine. Per i Wulamba australiani, c'era già tutto, mancavano solo uomo e donna. Per il libro sacro dei Maya Quiché, il Popul Vuh,
Tutto era in attesa, tutto calmo, in silenzio, senza moto, e l'estensione del cielo era vuota. C'era soltanto il mare quieto e la grande estensione del cielo .
L'umanità ha partorito infinite altre metafore della creazione. Ve ne sono però alcune che sembrano ricalcare le visioni della cosmologia moderna. Una di queste è la creazione dal Nulla. Pochi popoli, in realtà, hanno abbracciato l'inquietante possibilità che qualcosa nasca dal nulla. In molti miti primitivi, all'inizio esiste almeno un dio, l'essere non creato che crea ogni cosa dalla propria volontà. Ma in alcune narrazioni mitologiche scopriamo che anche il dio è creato, e prima esisteva solo il Nulla. "All'inizio era il Nulla. Il tempo passò, e il nulla divenne qualcosa. Il tempo passò, e il qualcosa si divise in due: i due erano maschio e femmina ", secondo un racconto proveniente dalla Cina meridionale. Oppure: "La moltitudine di creature del mondo sono nate da Qualcosa, e Qualcosa dal Nulla", secondo il Tao Te Ching di Lao-Tzu, del sesto secolo a.C.
Esiste infine un altro scenario mitologico della creazione che qui mi interessa rammentare: la non-creazione. Secondo Aristotele, per esempio,
Il cielo è uno ed eterno, non ha principio né fine in tutta l'eternità della sua durata, e anzi contiene e abbraccia in sé l'infinità del tempo. (De Coelo, II,1)
Opinione condivisa anche dalla filosofia indiana Jain, come insegna il maestro Jinasena del IX secolo d.C: "Sappi che il mondo è non-creato, così come il tempo, senza principio e senza fine".
La creazione dal nulla e l'esistenza senza principio, benché poco popolari tra le tradizioni dell'umanità, rappresentano forse le visioni più vicine alla moderna cosmologia. Alla ricerca dei moderni miti della creazione, ci spingeremo ora pericolosamente vicino alla pura speculazione, con scarse possibilità di riscontro osservativo, sia pure indiretto. Personalmente non amo troppo questo tipo di avventure mentali. Sant’Agostino ironizzava su chi chiedeva cosa facesse Dio prima di creare l’universo rispondendo che preparava l’inferno per chi poneva domande del genere. Eppure devo riconoscere che il mistero della nascita dell'universo è come un incantesimo: una volta formulata la terribile questione, non possiamo sottrarcene facilmente. Se non altro, il tentativo di risposta ci costringe a mettere a fuoco i limiti della scienza contemporanea e a intravedere nuovi possibili sviluppi.
Cosa c'era prima dell'inflazione? Le equazioni della Relatività Generale ci lasciano due possibilità: l'eterno, o il nulla. Con una misurata scelta del potenziale dell' inflatone, possiamo infatti realizzare un universo in cui l'espansione era così rallentata nel passato che, ripercorrendo il tempo all'indietro, non si raggiunge mai uno stato di densità infinita. Oppure, possiamo avere un universo che raggiunge questo stato in un preciso istante del passato, l'istante della nascita . Nel primo caso, l'età dell'universo è infinita, anche se è solo negli ultimi quindici miliardi di anni che si è prodotta tutta l'evoluzione significativa (cioè la formazione della materia come la conosciamo ora). In questo senso, l'universo è sempre esistito in uno stato amorfo, di puro caos, di pura attesa, un oceano primordiale in cui solo l'inflatone lentamente agiva. In una variante di questo scenario, l'universo non si espande monotonamente, ma vive una o più fasi di collasso ed espansione, e ogni collasso cancella le tracce del passato. Questa variante richiede però una conoscenza della fisica durante lo stato di massimo collasso che ancora non possediamo.
Il secondo caso, quello dello stato di densità infinita, o singolarità nel gergo matematico, è ancora più suggestivo in termini dei miti primitivi. Quello che lascia spazio al mito è il fatto che la Relatività Generale da sola non è sufficiente a descrivere uno stato a densità infinita. Quando infatti la densità di energia supera un certo valore, detto energia di Planck, gli effetti quantistici, quelli che rendono indeterminata la posizione e la velocità della materia, diventano importanti. Eppure, la teoria di Einstein non include nessuno di questi effetti. Possiamo mescolare gli effetti quantistici e quelli gravitazionali solo fino a un certo punto, cioè solo finché gli uni sono nient'altro che una piccola perturbazione degli altri. Per esempio, possiamo studiare la meccanica quantistica dell'atomo, perché esso ha un campo gravitazionale così minuto da essere del tutto trascurabile. Oppure, possiamo lavorare con il campo gravitazionale della Terra come se questa non fosse soggetta all'indeterminazione di Heisenberg perché la Terra è così grande che i suoi microscopici salti quantici, benché a rigore non nulli, possono essere completamente ignorati. E' solo quando abbiamo contemporaneamente piccole dimensioni e grandi masse, come in un buco nero delle dimensioni di un elettrone, che gravità e meccanica quantistica devono essere contemporaneamente prese in considerazione. Grandi masse e piccole dimensioni sono proprio ciò che caratterizza lo stato iniziale dell'universo, ed è qui che la nostra fisica per ora è costretta a rinunciare. Nessuna equazione ci dice cosa avviene oltre l'energia di Planck.
Non tutto è perduto, però. Benché le equazioni della fisica si fermino di fronte all'energia di Planck, l'intuizione può ancora percorrere un tratto di strada, tra le tenebre che ricoprono l'abisso. Lo stesso principio di indeterminazione di Heisenberg può, nonostante tutto, aiutarci. Abbiamo visto che a causa di questa indeterminazione le particelle elementari saltellano qui e lì in continuazione, cosicché non possiedono mai una posizione e una velocità misurabili con assoluta precisione. Per esempio, se per un istante un elettrone è in quiete, l'istante successivo assume una velocità arbitraria che lo porta in una posizione diversa, e poi un'altra ancora. In media, si può ancora dire che l'elettrone è localizzato in una certa posizione, come una palla da biliardo, ma in realtà, istante per istante, esso oscilla caoticamente intorno a questa. La stessa cosa vale per la sua energia: benché in media sia costante, in realtà assume valori sempre diversi, anche se di relativamente poco. In altre parole, l'indeterminazione di Heisenberg permette di violare, per frazioni infinitesime di tempo, il principio della conservazione dell'energia. Ma se l'energia non si conserva, ci domandiamo, non potrebbe avvenire che della materia si formi dal nulla, magari solo per un istante, e che l'istante dopo essa si annichili?
Al primo impatto con la meccanica quantistica, restiamo tutti un po' scettici. Ci chiediamo: ma possibile che questa danza forsennata delle particelle sia reale? Non è forse che con queste immagini cerchiamo di nascondere la nostra ignoranza, proprio come gli antichi con i miti? Eppure, questa danza è una realtà osservabile e misurabile. Anzi, in laboratorio possiamo addirittura sperimentare la creazione spontanea dal nulla di coppie di elettroni e antielettroni, e la loro successiva annichilazione dopo frazioni infinitesime di secondo. Il vuoto, per la meccanica quantistica, è un mare profondo e pescoso, dal quale particelle e antiparticelle guizzano continuamente fuori come delfini, per reimmergersi subito dopo. Queste coppie però, anche se effimere, esercitano una forza elettrica misurabile, per esempio tra due lastre metalliche, proprio come se le lastre fossero cariche. I delfini di Heisenberg non sono miraggi.
Se la meccanica quantistica ci offre la possibilità di creare materia dal nulla, ancora non ci spiega la nascita dell'universo. L'universo esiste da lungo tempo, e non è certo formato da una sola coppia di particelle. Però la meccanica quantistica ci dice anche che la durata della violazione della conservazione dell'energia, cioè la durata dell'esistenza delle coppie di particelle, è tanto maggiore quanto minore è l'energia creata. Se l'energia creata è nulla, la violazione può durare un tempo infinito.
Ma cosa è un corpo di energia nulla? Ebbene, l'energia gravitazionale del cosmo, secondo la Relatività Generale, ha in un certo senso un valore negativo, tale da bilanciare esattamente l'energia della materia, e formare quindi un universo a energia globalmente nulla. Quindi, la creazione dell'universo, e la sua durata eterna, o comunque lunghissima, non sono in contrasto con i principi della meccanica quantistica. Come proposero i fisici Tryon e Fomin nel 1973, l'universo può nascere spontaneamente dal nulla. Fra qualche decina di miliardi di anni, l'universo potrebbe tornare spontaneamente nel nulla, e la ferita che la creazione ha aperto nel tessuto cosmico verrà rimarginata.
La creazione dal nulla è il limite estremo cui si spinge oggi la cosmologia. Ma nessuno si nasconde le mille difficoltà di questi voli dell'intuizione. Non possiamo, almeno per ora, confermare o confutare l'idea di Tryon e Fomin. Non possiamo escludere che l'universo abbia un passato informe e infinito, né che sopra l'energia di Planck avvengano fenomeni di cui siamo completamente ignari. A quell'energia, altre dimensioni, oltre le comuni dimensioni spaziali e quella temporale, potrebbero giocare un ruolo fondamentale. La fisica delle particelle puntiformi potrebbe dover essere abbandonata in favore di una nuova fisica delle particelle estese, come quelle proposte dalla teoria delle stringhe. La Relatività Generale accoppiata con la meccanica quantistica potrebbe generare mostri, non meno potenti di Puana il Serpente e Itciai il Giaguaro.
Per ora, possiamo concludere con la stessa umiltà con cui il Rig-Veda, il testo sacro degli Indù, si pone nei confronti della creazione
Da dove questa emanazione sia nata
Se Dio la formò, o se Egli non lo fece
Solo Colui che la sorveglia dall'alto dei cieli lo sa
Solo Egli lo sa, o forse neppure Lui.
~Nella mitologia cinese del 3000 a.C. l'universo comprendeva tre livelli: sotto, il regno dei morti, sopra di esso la terra come luogo di soggiorno per i vivi, nell'alto il luogo degli dèi naturali e ancor più sopra un Dio superiore (shangdi).
Nella mitologia dell'antico Egitto il cielo era un soffitto sostenuto da 4 colonne.
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