~ Federico Garcia Lorca

Il giovane Lorca

Federico Garcia Lorca nasce a Fuentevaqueros, vicino a Granada nel 1898. E' considerato il più popolare poeta di lingua spagnola e uno dei principali rappresentanti del teatro moderno. La sua poesia, centrata principalmente sui temi del destino e della morte, affonda le radici nella cultura andalusa, caratterizzata da una fusione di elementi arabi e gitani. I suoi versi cantano passioni umane elementari in una forte compenetrazione di sogno e realtà. I lavori teatrali, oltre a far propria l'eredità dei canti gitani, mutuano elementi dei canti tradizionali spagnoli e della poesia surrealista. La lingua fonde spontaneità e raffinato lirismo, creando immagini sorprendenti e originali metafore.

Dal 1919 al 1934 vive principalmente a Madrid, dove frequenta la cerchia di letterati e artisti della sua generazione, come Salvador Dalí, Luis Buñuel e Rafael Alberti. Si dedica anche alla musica e nel 1922 crea insieme col compositore Manuel de Falla il progetto del primo festival del cante jondo, il canto zingaresco tipico della Spagna meridionale.

La raccolta di liriche di tema andaluso, Romancero gitano (1928), incontra i favori della critica e lo rende figura preminente fra il gruppo di poeti noto come Generazione del '27. Nel 1931 riceve dal nuovo governo repubblicano l'incarico di organizzare un gruppo teatrale itinerante, La Barraca.

Nel 1936, allo scoppio della guerra civile spagnola García Lorca è arrestato a Granada dai nazionalisti, che lo fucilano a Viznar senza processo.






ALL'ORECCHIO DI UNA RAGAZZA

Non volli.
Non volli dirti nulla.
Vidi nei tuoi occhi
due alberelli folli.
Di brezza, di riso e d'oro.
Oscillavano.
Non volli.
Non volli dirti nulla.


UNA CANZONCINA DEL PRIMO DESIDERIO

Nella mattina verde,
volevo essere cuore.
Cuore.
E nella sera matura
volevo essere usignolo.
Usignolo.
(Cuore, diventa color arancio.
Cuore,
diventa color d'amore.)
Nella mattina viva,
volevo essere io.
Cuore.
E nella sera tramontata
volevo essere la mia voce.
Usignolo.
Cuore, diventa color d'arancio!
Cuore,
diventa color d'amore!


CANZONE CASTANA

Mi perderei
nel tuo paese castano,
Maria del Carmen.
Mi perderei
nei tuoi occhi disabitati,
suonando la tastiera
della tua ineffabile bocca.
Nel tuo abbraccio perpetuo
sarebbe castano il vento
e avrebbe la brezza
il velluto del tuo volto.
Mi perderei
nei tuoi seni palpitanti,
nelle profonde oscurità
del tuo corpo soave.
Mi perderei
nel tuo paese castano,
Maria del Carmen.


CASIDA DELLA DONNA DISTESA

Vederti nuda è rievocare la terra.
La terra piana e priva di cavalli.
La terra senza un giunco, forma pura
chiusa al futuro: confine d'argento.
Vederti nuda è comprendere l'ansia
della pioggia che cerca fragili fianchi,
o la febbre del mare dal volto immenso
che non trova la luce della sua guancia.
Il sangue risuonerà nelle alcove
e verrà con spada di folgore,
ma tu non saprai dove si celano
il cuore di rospo o la violetta.
Il tuo ventre è uno scontro di radici,
le tue labbra un'alba senza profilo,
e sotto le tiepide rose del letto gemono
i morti, in attesa del loro turno.


CUORE NUOVO

Il mio cuore come una serpe
si è spogliato della sua pelle
e la tengo fra le mie dita
piena di ferite e di miele.
I pensieri annidati
nelle tue rughe, dove sono?
Dove le rose che profumavano
di Gesù Cristo e di Satana?
Povero involucro che opprimevi
la mia stella fantastica!
Grigia pergamena indolenzita
di ciò che volli e ora non amo più.
Vedo in te embrioni di scienze,
mummie di versi e scheletri
di antiche mie innocenze
e di miei romantici segreti.
Ti appenderò ai muri
del mio museo sentimentale,
vicino ai gelidi e oscuri
gigli dormienti del muio male?
O ti metterò sopra i pini
libro dolente del mio amore
perché tu conosca i trilli
dell'usignolo all'alba?


DESIDERIO

Solo il tuo cuore ardente
e niente più.
Il mio paradiso un campo
senza usignolo
né lire,
con un fiume discreto
e una fontanella.
Senza lo sprone del vento
sopra le fronde
né la stella che vuole
essere foglia.
Una grandissima luce
che fosse
lucciola
di un'altra,
in un campo di
sguardi viziosi.
Un riposo chiaro
e lì i nostri baci,
nèi sonori
dell'eco,
si aprirebbero molto lontano.
Il tuo cuore ardente,
niente più.


E DOPO

I labirinti
creati dal tempo
svaniscono.
(Rimane solo
il deserto.)
Il cuore,
fonte del desiderio,
svanisce.
(Rimane solo
il deserto.)
L'illusione dell'aurora
e i baci
svaniscono.
Rimane solo
il deserto;
l'onduloso
deserto.


È VERO

Ahi, che fatica mi costa
amarti come ti amo!
Per il tuo amore mi duole l'aria,
il cuore
e il cappello.
Chi mi compra
questo nastrino
e questa tristezza di filo
bianco, per tessere fazzoletti?
Ahi, che fatica mi costa
amarti come ti amo!


FIDANZAMENTO

Buttate quest'anello
nell'acqua.
(L'ombra appoggia le sue dita
sulla mia spalla.)
Buttate quest'anello. Ho
più di cent'anni. Silenzio!
Non chiedetemi nulla!
Buttate quest'anello
nell'acqua.


GAZZELLA DELL'AMORE DISPERATO

La notte non vuole venire
perché tu non venga
e io non possa andare.
Ma io andrò
benché un sole di scorpioni mi mangi la testa.
Ma tu verrai
con la lingua bruciata dalla pioggia di sale.
Il giorno non vuole venire
perché tu non venga
e io non possa andare.
Ma io andrò
portando ai rospi il mio garofano morsicato.
Ma tu verrai
nelle cupe cloache dell'oscurità.
Né la notte né il giorno non vogliono venire
perché io muoia per te
e tu per me.


GAZZELLA DELL'AMORE MERAVIGLIOSO

Con tutto il gesso
dei campi malvagi,
eri giunco d'amore, gelsomino bagnato.
Con austro e fiamma
dei cieli malvagi
eri brusio di neve dentro il mio petto.
Cieli e campi
stringevano catene alle mie mani.
Campi e cieli
frustavano le piaghe del mio corpo.


GAZZELLA DEL RICORDO D'AMORE

Non portar via il tuo ricordo.
Lascialo solo nel mio cuore,
tremore di bianco ciliegio
nel martirio di gennaio.
Mi separa dai morti
un muro di brutti sogni.
Soffro pene di giglio fresco
per un cuore di gesso.
Tutta la notte nell'orto
i miei occhi come due cani.
Tutta la notte, mangiando
le cotogne di veleno.
A volte il vento
è un tulipano di paura.
È un tulipano malato
l'alba d'inverno.
Un muro di brutti sogni
mi separa dai morti.
L'erba copre in silenzio
la valle grigia del tuo corpo.


IL CANTO DEL MIELE

Il miele è la parola di Cristo,
l'oro colato del suo amore.
Il meglio del nettare,
la mummia della luce di paradiso.
L'alveare è una stella pura,
pozzo d'ambra che alimenta il ritmo
delle api. Seno dei campi
tremulo d'aromi e di ronzii.
Il miele è l'epopea dell'amore,
la materialità dell'infinito.
Anima e sangue dolente di fiori
condensati attraverso un altro spirito.
(Così il miele dell'uomo è la poesia
che emana dal suo petto addolorato,
da un favo con la cera del ricordo
creato dall'ape nell'intimità.)
Il miele è la bucolica lontana
del pastore, la zampogna e l'olivo,
fratello del latte e delle ghiande,
regine supreme dell'età dell'oro.
Il miele è come il sole del mattino,
con tutta la grazia dell'estate
e il fresco antico dell'autunno.
È la foglia appassita ed è il frumento.
Oh divino liquore dell'umiltà,
sereno come un verso primitivo!
Tu sei l'armonia incarnata,
lo spirito geniale di liricità.
In te dorme la malinconia,
il segreto del bacio e del grido.
Dolcissimo. Dolce.
Questo è il tuo aggettivo.
Dolce come il ventre di una donna.
Dolce come gli occhi dei bimbi.
Dolce come le ombre della notte.
Dolce come una voce.
O come un giglio.
Per chi ha in sè la pena e la lira
tu sei il sole che illumina il cammino.
Equivali a tutte le bellezze, al colore, alla luce, ai suoni.
Oh liquore divino della speranza,
dove anima e materia unite
trovano il perfetto equilibrio
come nell'ostia corpo e luce di Cristo.
È la superiore anima dei fiori.
Oh liquore che hai unito queste anime!
Chi ti gusta non sa che inghiotte
lo spirito d'oro di liricità.


IL MARE

Il mare
è il Lucifero dell'azzurro.
Il cielo caduto
per voler essere la luce.
Povero mare condannato
a eterno movimento
dopo aver conosciuto
la calma del firmamento!
Ma nella tua amarezza
ti redense l'amore.
Partoristi Venere pura
e la tua profondità
restò vergine, senza dolore.
Le tue tristezze sono belle,
mare di spasimi gloriosi.
Ma oggi invece di stelle
hai verdi polipi.
Sopporta la tua sofferenza,
formidabile Satana.
Cristo camminò sopra di te
e lo fece anche Pan.
La stella Venere è
l'armonia del mondo.
Taccia l'Ecclesiaste!
Venere è il profondo
dell'anima...
...E l'uomo miserabile
è un angelo caduto.
La terra è il probabile
Paradiso perduto.


NOTTE DELL'AMORE INSONNE

Notte alta, noi due e la luna piena;
io che piangevo, mentre tu ridevi.
Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti
attimi e colombe incatenate.
Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,
piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.
L'alba ci ricongiunse sopra il letto,
le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.
Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi rami
sopra il mio cuore nel sudario avvolto.


POTESSERO LE MIE MANI SFOGLIARE

Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
T'amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!


SERENATA

Sulla riva del fiume
la notte si sta bagnando
e nei seni di Lolita
muoiono d'amore i rami.
Muoiono d'amore i rami.
Nuda, la notte canta
sui ponti di marzo.
Lolita si lava il corpo
con acqua salmastra e nardi.
Muoiono d'amore i rami.
La notte d'anice e d'argento
risplende sopra i tetti.
Argento di rivi e specchi
Anice delle tue cosce bianche.
Muoiono d'amore i rami.


PUGNALE

Il pugnale
entra nel cuore,
come il vomere dell'aratro
nella terra.
No.
Non pugnalarmi.
No.
Il pugnale,
come un raggio di sole,
incendia le terribili
profondità.
No.
Non pugnalarmi.
No.


SERA

Sera piovosa in grigio stanco.
Tutto è così.
Gli alberi secchi
la mia stanza solitaria.
E i ritratti vecchi
e il libro intonso...
Trasuda la tristezza dai mobili
e dall'anima.
Forse
la Natura ha per me
il cuore di cristallo.
E mi duole la carne del cuore
e la carne dell'anima.
E parlando
le mie parole restano nell'aria
come sugheri sull'acqua.
Solo per i tuoi occhi
soffro questo male;
tristezze del passato
tristezze che verranno.
Sera piovosa in grigio stanco.
E va la vita.


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1 Commenti:

A 24/6/10 16:37, Blogger Lucenera commenta così...

Il mio mito,un uomo che scrive in maniera così vera e sensuale anche quando parla di pentole e bicchieri,che ti fa sorgere un dubbio:è umana questa sensibilità o dentro di sè nasconde un angelo?
Riesce davvero a fare Poesia,a forgiare le parole e come i colori sulla tela,esse danno vita a immagini,suoni,odori,che ti stordiscono e sembri in preda a una malattia che non ti spossa ma ti rinvigorisce.
Grazie per questo post ;)

 

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