~ Amando Neruda

La parola è un'ala del silenzio...
P.Neruda
Pablo Neruda


Pablo Neruda è lo pseudonimo che Neftalí Ricardo Reyes scelse in onore del poeta cecoslovacco Jan Neruda (1834-1891) cantore della povera gente. Egli nacque in Cile, a Parral nel 1904 e morì a Santiago nel 1973. Di famiglia modesta, trascorse l'infanzia nel piovoso, malinconico e selvaggio sud del Cile, dove il padre era ferroviere; nella cittadina di Temuco, frequentò le scuole fino al liceo mentre proseguì gli studi universitarie al Santiago del Cile.

Nel 1924 il suo "Viente poemas de amor y una canción desesperada" (Venti poesie d'Amore e una canzone disperata) divenne un best-seller facendolo diventare uno dei più noti e giovani poeti latinoamericani.

Dal 1926 al 1943 girò il mondo come rappresentante diplomatico del suo paese, nel'36-37 visse l'esperienza della guerra civile spagnola, non soltanto da spettatore interessato. L'incontro,o meglio, la scoperta della Spagna fu per Pablo Neruda un'esperienza di estrema importanza. Come scrisse di lui Dario Puccini: "Uno di quei salti dialettici grazie ai quali la storia esterna diviene storia personale, la vita degli altri vita propria, il dolore del mondo sentimento radicato". Neruda, favorito dalle circostanze, creò, un pur lieve, scompiglio nella letteratura spagnola facendosi paladino della "poesia impura" opponendosi alla linea purista di Juan Ramón Jiménez. Allora la sua influenza non fu preponderante ma si fece sentire più tardi e ancora perdura, in qualche modo, presso le generazioni intermedie e recenti.

Dopo aver subito il fascino dell'incontro con la poesia spagnola, il poeta cileno venne travolto nell'appassionata vicenda della guerra civile: prese subito posizione a favore della Repubblica aggredita; fu scosso dalla tremenda fucilazione di García Lorca e con César Vallejo, un poeta peruviano, fondò il Gruppo ispano-americano d'aiuto alla Spagna. La guerra civile determinò un mutamento profondo nell'animo, nelle convinzioni, nella cultura, nella poesia del poeta. La sua fu una vera e propria conversione al prossimo e la sua poesia divenne quella dell'uomo con gli uomini, cioè una poesia sociale e di lotta politica, di adesione e di repulsione rispetto al prossimo, di sostegno e di esacrazione, di speranza e di rabbia: d'azione.

E, quando, cessata la guerra civile e sconfitte le armi repubblicane, tanti spagnoli furono costretti all'esilio o morirono fucilati o in carcere, quel "legame materno" con la Spagna si fece per Pablo drammatico e fu come una goccia di sangue che rimase indelebile. Se uno dei sentimenti più forti dell'anima moderna è quello di un continuo e cocente esilio, di una imprecisata perdita esistenziale, la Spagna è stata per Neruda quella perdita, quell'esilio: un vuoto angoscioso e accorato che si ripercuote, nel suo virile grido di poeta, dal lontano 1939 a oggi.

Nel 1944, tornato in Cile, s'iscrisse al Partito Comunista cileno e venne eletto senatore.

Dal 1948 al 1952 fu perseguitato e costretto all'esilio per la sua presa di posizione contro il neodittatore Gonzalez Videla; così tornò a viaggiare per il mondo. Nel 1971 vinse il Premio Nobel per la Letteratura. Nel 1973 ritornò in Cile.

Neruda, genio immaginativo, cominciò come simbolista, diventò quindi surrealista e infine realista, abbandonando, la struttura formale e tradizionale della poesia, per una espressività più semplice e più terrena. La sua influenza sulla poesia in lingua spagnola è stata enorme e tuttavia la sua reputazione internazionale è andata molto oltre i confini linguistici. Neruda è morto di leucemia a Santiago il 23 settembre del 1973. La sua morte è stata accelerata probabilmente dal colpo di stato di Pinochet avvenuto nei primi del mese. Durante la sua lunga carriera letteraria, Neruda ha prodotto più di quaranta libri di poesia, traduzioni e teatro in versi.

~ Gli amori di Neruda
Uno degli amori giovanili più importanti di Neruda, fu la cilena Albertina Azócar. A lei dedicò un poema (poema 15) e a lei scrisse lettere d'amore, per convincerla a rimanere con lui, ma non ci riuscì. Nel 1931 sposò invece la ventisettenne olandese Marìa Antonieta Hagenaar. Con lei ebbe la sua unica figlia, Malva Marina, che morì a l'età di otto anni.

Cinque anni dopo sposò la pittrice argentina Deli del Carril, la Hormiguita (formichina) e nel 1956 cominciò una nuova vita con Matilde Urritia, con la quale visse anche in Italia.

Josie Bliss, la "pantera asiatica", fu un'altra delle donne del poeta, che conobbe mentre ricopriva il suo primo incarico consolare a Rangoon, in Birmania, nel 1927.



POESIE SCELTE DI PABLO NERUDA

GIOCHI OGNI GIORNO...

Giochi ogni giorno con la luce dell'universo.
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell'acqua.
Sei più di questa bianca testina che stringo
come un grappolo tra le mie mani ogni giorno.

A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.


Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi.


Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.

Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l'astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.


SETE DI TE M'INCALZA

Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.


Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.


Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.


XVII SONETTO

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.


MI PIACI QUANDO TACI

Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.

Poiché tutte le cose son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomigli alla parola malinconia.

Mi piaci quando taci e sei come distante.
E stai come lamentandoti, farfalla turbante.
E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.

Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.

Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così.


QUI TI AMO...

Qui ti amo.
Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.

La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte, stelle.

O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.

Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.

La mia vita s'affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei così distante.
La mia noia combatte coni lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.

Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.


PERCHÈ TU POSSA ASCOLTARMI...

Perchè tu possa ascoltarmi le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.

Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.

E le vedo ormai lontane le mie parole.
Più che mie sono tue.
Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico.

Così si aggrappano alle pareti umide.
E' tua la colpa di questo gioco cruento.

Stanno fuggendo dalla mia buia tana.
Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.

Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi,
e più di te sono abituate alla mia tristezza.

Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti
perchè tu le ascolti come voglio essere ascoltato.

Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle.
Tempeste di sogni possono talora abbatterle.
Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.
Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.

Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.
Tutto ti prendi tu, tutto.

E io le intreccio tutte in una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.


POSSO SCRIVERE I VERSI...

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.

Scrivere, per esempio. "La notte è stellata,
e tremano, azzurri, gli astri in lontananza".

E il vento della notte gira nel cielo e canta.

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Io l'ho amata e a volte anche lei mi amava.

In notti come questa l'ho tenuta tra le braccia.
L'ho baciata tante volte sotto il cielo infinito.

Lei mi ha amato e a volte anch'io l'amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Pensare che non l'ho più. Sentire che l'ho persa.

Sentire la notte immensa, ancor più immensa senza di lei.
E il verso scende sull'anima come la rugiada sul prato.

Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla.
La notte è stellata e lei non è con me.

Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta.
Lontano.
La mia anima non si rassegna d'averla persa.

Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

La stessa notte che sbianca gli stessi alberi.
Noi, quelli d'allora, già non siamo gli stessi.

Io non l'amo più, è vero, ma quanto l'ho amata.
La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie.

D'un altro. Sarà d'un altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

Ormai non l'amo più, è vero, ma forse l'amo ancora.
E' così breve l'amore e così lungo l'oblio.

E siccome in notti come questa l'ho tenuta tra le braccia,
la mia anima non si rassegna d'averla persa.

Benchè questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa,
e questi gli ultimi versi che io le scrivo.


PER IL MIO CUORE...

Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
ciò che stava sopito sulla tua anima.

E' in te l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.

Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.

Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.


ABBIAMO PERSO...

Abbiamo perso anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.

Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.

A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.

Io ti ricordavo con l'anima oppressa
da quella tristezza che tu mi conosci.

Dove eri allora?
Tra quali genti?
Dicendo quali parole?
Perchè mi investirà tutto l'amore di colpo
quando mi sento triste e ti sento lontana?

E' caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo
e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.

Sempre, sempre ti allontani la sera
e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue.


CORPO DI DONNA...

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.

Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.


XLIV SONETTO

Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.


XLVIII SONETTO

Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lascian camminando due ombre che s'unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.

Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s'uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.
E' la felicità una torre trasparente.

L'aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.

Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.


SEI TUTTA SPUME...

Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Sei tutta spume agili e leggere
e i baci ti percorrono e t'irrigano i giorni.
Il mio gesto, la mia ansietà, pendono dal tuo sguardo.
Vaso di risonanze e di stelle prigioniere.
Son stanco, tutte le foglie cadono, muoiono.
Cadono, muoiono gli uccelli. Cadono, muoiono le vite.
Stanco, son stanco. Vieni, desiderami, fammi vibrare.
Oh, mia povera illusione, mia accesa ghirlanda!
L'ansia cade, muore. Cade, muore il desiderio.
Cadono, muoiono le fiamme nella notte infinita.

Fiammata di luci, colomba di crete bionde,
liberami da questa notte che incalza e distrugge.

Sommergimi nel tuo nido di vertigine e di carezza.
Desiderami, trattienimi.
L'ebbrezza all'ombra fiorita dei tuoi occhi,
le cadute, i trionfi, gli sbalzi della febbre.
Amami, amami, amami.
In piedi ti grido! Amami.
Infrango la mia voce gridandoti e faccio ore di fuoco
nella notte pregna di stelle e di levrieri.
Infrango la mia voce e grido. Donna, amami, desiderami.
La mia voce arde nei venti, la mia voce che cade e muore.

Stanco. Son stanco. Fuggi. Allontanati. Estinguiti.
Non imprigionare la mia sterile testa tra le tue mani.
Mi segnino la fronte le fruste del gelo.
La mia inquietudine si sferzi con i venti dell'Atlantico.
Fuggi. Allontanati. Estinguiti. La mia anima deve star sola.
Deve crocifiggersi, sbriciolarsi, rotolare,
versarsi, contaminarsi sola,
aperta alla marea dei pianti,
ardendo nel ciclone delle furie,
eretta tra i monti e tra gli uccelli,
distruggersi, sterminarsi sola,
abbandonata e unica come un faro di spavento.


HO FAME DELLA TUA BOCCA

Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
non mi sostiene il pane, l'alba mi sconvolge,
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
Sono affamato del tuo riso che scorre,
delle tue mani color di furioso granaio,
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
il naso sovrano dell'aitante volto,
voglio mangiare l'ombra fugace delle tue ciglia
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
come un puma nella solitudine di Quitratúe.

~ * ~

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