~ Quaterna pasoliniana

    Pier paolo Pasolini
    Pier Paolo Pasolini presenta:

    NON È AMORE

    Non è Amore. Ma in che misura è mia
    colpa il non fare dei miei affetti
    Amore? Molta colpa, sia
    pure, se potrei d'una pazza purezza,
    d'una cieca pietà vivere giorno
    per giorno... Dare scandalo di mitezza.
    Ma la violenza in cui mi frastorno,
    dei sensi, dell'intelletto, da anni,
    era la sola strada. Intorno
    a me alle origini c'era, degli inganni
    istituiti, delle dovute illusioni,
    solo la Lingua: che i primi affanni
    di un bambino, le preumane passioni,
    già impure, non esprimeva. E poi
    quando adolescente nella nazione
    conobbi altro che non fosse la gioia
    del vivere infantile - in una patria
    provinciale, ma per me assoluta, eroica -
    fu l'anarchia. Nella nuova e già grama
    borghesia d'una provincia senza purezza,
    il primo apparire dell'Europa
    fu per me apprendistato all'uso più
    puro dell'espressione, che la scarsezza
    della fede d'una classe morente
    risarcisse con la follia ed i tòpoi
    dell'eleganza: fosse l'indecente
    chiarezza d'una lingua che evidenzia
    la volontà a non essere, incosciente,
    e la cosciente volontà a sussistere
    nel privilegio e nella libertà
    che per Grazia appartengono allo stile.


    POESIE MONDANE

    Ci vediamo in proiezione, ed ecco
    la città, in una sua povera ora nuda,
    terrificante come ogni nudità.
    Terra incendiata il cui incendio
    spento stasera o da millenni,
    è una cerchia infinita di ruderi rosa,
    carboni e ossa biancheggianti, impalcature
    dilavate dall'acqua e poi bruciate
    da nuovo sole. La radiosa Appia
    che formicola di migliaia di insetti
    - gli uomini d'oggi - i neorealistici
    ossessi delle Cronache in volgare.
    Poi compare Testaccio, in quella luce
    di miele proiettata sulla terra
    dall'oltretomba. Forse è scoppiata,
    la Bomba, fuori dalla mia coscienza.
    Anzi, è così certamente. E la fine
    del Mondo è già accaduta: una cosa
    muta, calata nel controluce del crepuscolo.
    Ombra, chi opera in questa èra.
    Ah, sacro Novecento, regione dell'anima
    in cui l'Apocalisse è un vecchio evento!
    Il Pontormo con un operatore
    meticoloso, ha disposto cantoni
    di case giallastre, a tagliare
    questa luce friabile e molle,
    che dal cielo giallo si fa marrone
    impolverato d'oro sul mondo cittadino...
    e come piante senza radice, case e uomini,
    creano solo muti monumenti di luce
    e d'ombra, in movimento: perché
    la loro morte è nel loro moto.
    Vanno, come senza alcuna colonna sonora,
    automobili e camion, sotto gli archi,
    sull 'asfalto, contro il gasometro,
    nell'ora, d'oro, di Hiroscima,
    dopo vent'anni, sempre più dentro
    in quella loro morte gesticolante: e io
    ritardatario sulla morte, in anticipo
    sulla vita vera, bevo l'incubo
    della luce come un vino smagliante.
    Nazione senza speranze! L'Apocalisse
    esploso fuori dalle coscienze
    nella malinconia dell'Italia dei Manieristi,
    ha ucciso tutti: guardateli - ombre
    grondanti d'oro nell'oro dell'agonia.


    LO SCANDALO DEL CONTRADDIRMI...

    Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere
    con te e contro te; con te nel cuore,
    in luce, contro te nelle buie viscere;

    del mio paterno stato traditore
    - nel pensiero, in un'ombra di azione -
    mi so ad esso attaccato nel calore

    degli istinti, dell'estetica passione;
    attratto da una vita proletaria
    a te anteriore, è per me religione

    la sua allegria, non la millenaria
    sua lotta: la sua natura, non la sua
    coscienza; è la forza originaria

    dell'uomo, che nell'atto s'è perduta,
    a darle l'ebbrezza della nostalgia,
    una luce poetica: ed altro più

    io non so dirne, che non sia
    giusto ma non sincero, astratto
    amore, non accorante simpatia...

    Come i poveri povero, mi attacco
    come loro a umilianti speranze,
    come loro per vivere mi batto

    ogni giorno. Ma nella desolante
    mia condizione di diseredato,
    io possiedo: ed è il più esaltante

    dei possessi borghesi, lo stato
    più assoluto. Ma come io possiedo la storia,
    essa mi possiede; ne sono illuminato:

    ma a che serve la luce?


    HYMNUS AD NOCTURNUM

    Ho la calma di un morto:
    guardo il letto che attende
    le mie membra e lo specchio
    che mi riflette assorto.

    Non so vincere il gelo
    dell'angoscia, piangendo,
    come un tempo, nel cuore
    della terra e del cielo.

    Non so fingermi calme
    o indifferenze o altre
    giovanili prodezze,
    serti di mirto o palme.

    O immoto Dio che odio
    fa che emani ancora
    vita dalla mia vita
    non m'importa più il modo.

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